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Regime di comunione dei beni

Spesso capita che i clienti che intendono procedere con la separazione (sia essa giudiziale o consensuale) dopo aver detto che si sono sposati adottando il regime patrimoniale della comunione legale dei beni, chiedano cosa comporti aver fatto questa scelta e quali siano le conseguenze economiche e patrimoniali ad essa collegate.

Per poterne parlare è opportuno capire che il regime di comunione dei beni è quello “legale” della famiglia che trova applicazione automatica con il matrimonio, salvo che i coniugi non facciano una scelta diversa.

Introdotto con la Riforma del diritto di famiglia del 1975, per sostituire l’allora regime legale di separazione, al fine di garantire una parità anche dal punto di vista economico tra i coniugi, altro non è che un’attuazione del principio Costituzionale di uguaglianza giuridica e morale dei coniugi: la comunione dei beni prevede, infatti, che gli acquisti dei coniugi, salvo alcune eccezioni espressamente indicate dalla legge, sono in comune tra i coniugi e possono essere divisi solo con lo scioglimento del negozio matrimoniale e negli altri casi previsti.

Da quanto appena detto si può ben capire che si tratta di un regime inderogabile e quindi i coniugi non sono liberi di disporre dei beni che lo formano se non nei modi previsti dalla legge.

Tuttavia il regime di comunione legale dei beni fra i coniugi si distingue dalla comunione ordinaria: infatti, mentre quest’ultima può avere origine dalla legge o dalla volontà delle parti, la comunione legale ha origine solo dalla legge per espressa previsione normativa. Altra differenza è quella delle quote che nella ordinaria possono essere diseguali mentre nella legale è al 50% tra i coniugi e comunque può essere configurata cime una comunione senza quote e quindi il singolo coniuge come già si è accennato non può disporre liberamente del suo diritto dovendo prima necessariamente procedere allo scioglimento della comunione.

Ma come si scioglie la comunione e che cosa succede con i beni che ne fanno parte?

L’art. 191 c.c. disciplina lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi indicando tra le cause anche lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e la separazione personale.

Con queste ultime come asserito dalla Corte di Cassazione (Cass. n. 18564/2004) “i rapporti patrimoniali tra i coniugi separati troveranno la loro fonte esclusiva nei provvedimenti adottati dal giudice della separazione, dapprima a titolo provvisorio, nel corso del giudizio, e quindi a titolo definitivo, con la sentenza di separazione”, fermo restando che nella separazione personale relativamente alla comunione legale gli effetti dello scioglimento si produrranno ex nunc ossia dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione o con l’omologa degli accordi di separazione consensuale.

Quindi, premesso ciò, il verificarsi di una causa di scioglimento comporterà non solo la cessazione per il futuro della comunione legale, ma anche la trasformazione della “comunione legale” sui beni che ne formano oggetto in “comunione ordinaria” con la relativa applicazione dell’istituto sui beni in comproprietà, e questo perché con lo scioglimento i beni comunque perdono tutte le caratteristiche proprie del regime di comunione legale.

A questo punto sembra opportuno fare un’ulteriore precisazione. Si è visto che la separazione personale dei coniugi comporta lo scioglimento della comunione dei beni, ma cosa succede se i coniugi fanno pace come talvolta accade?

Nel caso tra i coniugi successivamente alla separazione si verifichi la riconciliazione questo secondo la legge comporterà un ripristino della precedente situazione di comunione legale, salva l’efficacia retroattiva gli acquisti effettuati durante il periodo di separazione che ne restano esclusi.

Tuttavia un tale ripristino non sarà automatico per il solo effetto della riconciliazione, in quanto secondo l’orientamento prevalente sarà comunque necessario, ove i coniugi volessero ricostituire nuovamente la comunione dei beni come regime patrimoniale tra gli stessi, stipulare una convenzione matrimoniale indicando che da quel momento il loro regime sarà regolato dalle norme che disciplinano la comunione legale dei beni.

 
 
 

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